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			  La sera del 25 agosto 1999, sull’autostrada Bari-Napoli, Ennio Petrosino e Rosa Zaza, al rientro dalle vacanze trascorse in Croazia, sono stati travolti ed uccisi da una macchina di contrabbandieri carica di sigarette che ha invertito il senso di marcia a fari spenti attraversando uno dei tanti varchi aperti sulla A16, insidie occulte di tante strade statali e di quasi tutte le autostrade, insidie usate a volte per stupidità, più spesso e come in questo caso per delinquere, sempre con un gravissimo rischio anzi con la certezza di uccidere. 
			  
			     Ennio e Rosa tornavano alle madri, ai fratelli, agli amici, al loro mondo fatto di tante piccole cose di giovani sposi,  ma anche di lavoro e di impegno civile. 
			  
			     Vivevano nell’amore e per l’amore, senza arrivismi ed invidie, senza aspirare a scalare montagne per piantare bandierine di conquista, contenti della loro verde collina di colori e di suoni sulla quale tutti potevano salire per goderne con loro. 
			  
			     Rosa era sempre dolce e tenera, Ennio anche molto attento sia alle vicende politiche nazionali che alle innumerevoli difficoltà del vivere nella nostra città: un cittadino, come dalle tante lettere che ci ha lasciato, che esponeva i problemi di Napoli ai suoi amministratori e ne chiedeva o ne proponeva la soluzione.  
			     La notte del 15 agosto era una notte calma, tiepida, l’autostrada non era trafficata, una condizione ideale per il rientro; ma Ennio e Rosa hanno incontrato la follia umana, la criminalità organizzata, il tradimento di chi lascia i cittadini esposti al doppio rischio della delinquenza e dell’inefficienza dei sistemi stradali. 
			     Alla loro vita spezzata per sempre dedichiamo il nostro lavoro contro l’incapacità e l’indifferenza di chi avrebbe dovuto provvedere a salvarla.  
			 Cosa significa amarsi 
			se non prendersi per mano 
			e improvvisamente volare? 
			Ma noi siamo angeli con un’ala sola, 
			possiamo volare soltanto abbracciati. 
			Alessandro Petrosino 
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